Uranio sulle Orobie - La storia dell’uranio di val Vedello e dintorni

di Camillo Mario Pessina

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C’era una volta l’uranio italiano

Il 2006 è stato l’anno caratterizzato da un “ritorno di fiamma “ per l’uranio italiano - nella fattispecie quello lombardo - innescato dalla notizia che la Metex, compagnia mineraria australiana, era interessata al giacimento uranifero bergamasco di Novazza, molto vicino a quello di Val Vedello, sito nel comune di Piateda in provincia di Sondrio. A Settembre ed a Ottobre, televisioni, giornali nazionali e locali ne hanno parlato a lungo, talvolta a sproposito; si sono fatte infuocate riunioni popolari, i gruppi ecologisti hanno effettuato un volantinaggio serrato contro l’uranio e l’energia nucleare, le miniere ed il loro sfruttamento. Tutti o quasi tutti, si sono sentiti in dovere di dire la propria. Si è detto di tutto e di più e un gran polverone si è sollevato preoccupando le istituzioni locali. A Novembre, la Regione Lombardia, a cui la legge Bassanini (1997) demanda la facoltà di concedere o meno l’autorizzazione alla ricerca ed allo sfruttamento dei minerali uraniferi, ha detto no all’ipotesi di nuove ricerche ed a possibili coltivazioni dell’uranio sul territorio della regione. La tromba d’aria che s’era creata e le nubi grevi di preoccupazioni per il futuro svaniscono di colpo, come il demonio al rintocco delle campane, nell’opera musicale di Mussorgskij “Una notte su Monte Calvo”.

Nessuno però ha mai parlato degli uomini coinvolti nella “storia” dell’uranio valtellinese, dei “pionieri” che per quasi un decennio (dal 1976 al 1984) hanno lavorato, in particolare nel comune di Piateda. Molti lo avevano fatto per necessità di sbarcare il lunario, imgpochi altri anche per amore e curiosità scientifica. Un’intera “armata” come gli ottomila guerrieri di terracotta dell’imperatore Qin Shi Huangdi. La storia degli “Uomini dell’uranio” di Val Vedello, è animata da minatori, periti ed ingegneri minerari, geologi e guide alpine, topografi e tecnici delle trasmissioni radio e delle riprese aeree, piloti d’elicottero e specialisti vari. Innumerevoli furono i visitatori, italiani e stranieri, tra cui professori, studenti ed esperti che venivano da università italiane, francesi, svizzere, tedesche ed inglesi. Insieme a loro anche…..parroci curiosi di capire e di vedere dal vivo. Il presidente di una repubblica africana venne su queste montagne entrando nelle gallerie minerarie di Val Vedello senza tema d’essere “fulminato dal mefitico radon” (in foto). Di questa moltitudine  di persone ne ricorderò solo alcune, non perché più meritevoli o più importanti degli altri, ma semplicemente perché è soprattutto di loro che l’autore ricorda un po’ meglio degli altri alcuni dei loro aspetti.

Dall’inizio di quei giorni “epici ed eroici” nel 1976, quando molti di noi erano poco più che trentenni mentre altri erano uomini maturi, sono passati sei lustri. Parecchi ci hanno lasciato: chi in anticipo per morte prematura, chi per l’implacabile scorrere del tempo. Altri, più fortunati, sono ancora testimoni di quei giorni.

Racconterò di alcuni episodi che segnarono queste storie. Faccio un’appello ideale di alcuni degli “Uomini dell’uranio” di cui poi tenterò il tratteggio: Il Bonomi di Busteggia (ed il suo mitico mulo), le guide alpine Cosimo Zappelli ed Henry Luigino, l’Adriano Caprini, cuoco dell’A.L.M.A. (e la baracca Morteo), l’ingegnere minerario Carmelo di Bella, l’Ing. Grandi ex-presidente della Snam, il geologo Berardino Taddei, Don Enrico Sassella, parroco di Piateda, i professori Felice Ippolito, Ardito Desio e Franco Forcella, l’impresario Paride Cariboni, il geometra Valla, il tecnico Benito Piacenza, il buon Amerino Caprari ed il “terribile”ing. Tumiatti della Falck. Speriamo che che la storia degli “Uomini dell’uranio” valtellinese riuscirà a suscitare …….. un po’ di interesse.

Dalmine (Bg)- Marzo 2007

Camillo M. Pessina, geologo