Un cuoco un po’ particolare
Come già ebbi a raccontare in precedenza, due squadre geologiche assistite da due guide alpine, Cosimo Zappelli ed Henry Luigino, facevano base alle case di Scais. Appena a monte la grande casa a picco sul lago, che serviva da “foresteria” al personale Agip, fu montata, fissata ad una base in calcestruzzo, una confortevole “ baracca” metallica, della Morteo, del tutto simile a quelle abitualmente usate nei cantieri. Era rivestita internamente con pannelli di legno e suddivisa in tre parti: quella centrale, la più grande, era adibita a mensa e a sala ritrovo, quelle più piccole ed estreme, a cucina e a servizi. La cucina era attrezzata da piani di lavoro, da grandi fornelli, da madie frigo e di tutto quello che poteva servire per preparare pasti confortevoli al personale Agip.
La sala mensa, pavimentata con allegre mattonelline rosse, era illuminata da numerose finestre, alcune delle quali guardavano direttamente sul lago di Scais. Era dotata di numerosi tavoli e sedie, cosicché poteva essere usata come punto di ritrovo nei momenti di riposo e in quelle uggiose giornate di pioggia, che a volte caratterizzano queste vallate; sulle pareti di legno erano affissi alcuni “tazebao”, con divertenti vignette che ricalcando episodi occorsi riguardavano un po’ tutti.
L’appalto per il servizio mensa fu vinto da A.L.M.A.; una società di “catering” (approvvigionamento) genovese, usa a servire pasti a bordo di navi e piattaforme per le ricerca petrolifera. Factotum della ditta in quei di Scais un cuoco un po’ corpulento, con pancetta prominente, risultato di molte birre, bevute - così almeno diceva lui - per il troppo calore dei fornelli! Gli occhi un po’ sporgenti, i capelli neri brizzolati, leggermente ondulati e pettinati all’indietro, facevano rima con un paio di baffetti “da sparviero”. Quando le emozioni lo assalivano, aveva la tendenza a balbettare. Le gouloise, “ultima spiaggia” dei fumatori incalliti, erano le sue sigarette preferite; in cucina non ne mancava mai una stecca! A Scais indossava quasi perennemente i pantaloni “d’ordinanza” dei cuochi: il quadrettato bianco e nero con bianchi zoccoloni ai piedi.
L’uomo, Adriano Caprini, pur essendo originario di Santo Stefano d’Aveto – paese, posto nel più profondo entroterra di Chiavari dove hanno luogo i più alti monti dell’Appennino ligure - vedendo solo pini ed alti picchi, era soggetto, dopo una settimana passata a cucinare, a ricorrenti “crisi esistenziali”, che incidevano non poco sulla qualità dei pasti. Adriano era coadiuvato in cucina e negli acquisti delle vettovaglie da un “aiutante”. Ah! Le vettovaglie! Che problema quello! Nel 1976 non esisteva ancora la pista che l’impresa Cariboni avrebbe poi fatto arrivare sino alla diga di Scais. La spesa fatta a Sondrio, bombole del gas comprese, veniva portata alla centrale di Vedello e lì, grazie all’assistenza di Falck e di Amerino Caprari, via piano inclinato e trenino del Redoch, arrivava alla diga. Alcuni volenterosi poi, in primis lo scrivente, caricavano il tutto su un motocoltivatore munito di rimorchietto per scaricare alle case di Scais, dopo aver percorso sui margini del lago, una perigliosa stradina in gran parte intagliata nelle rocce.
Cosimo Zappelli, al rientro dal lavoro con i gruppi geologici, aveva l’abitudine di bazzicare in cucina e, amico di Adriano, ne approfittava per farsi fare qualche panino. Capitava che arrivasse in cucina dove l’Adriano era intento tra pentole, fornelli e sbuffi di vapore. Il profumo talvolta era invitante e, Cosimo, non mancava di sollevar coperchi e aspirar profumi, facendo domande e commenti su questo e su quello. A seconda dell’umore del cuoco venivano sciorinate ricette e fatti assaggi, oppur tirati insulti, il più buono dei quali era - perché non ti fai i c…. tuoi?-.
Racconterò di un divertente episodio che mi è rimasto impresso dopo tanti anni, indicativo della grande umanità di Cosimo. Egli, per rilassarsi, aveva preso l’abitudine di fumare il mezzo toscano -quello classico dei nostri nonni- il cui fumo, com’è noto, non è dei più graditi! Talvolta Cosimo lo teneva spento, a lungo in bocca, con il risultato che il tabacco gli causava raucedine e salivazione a cui facevano seguito colpi di tosse, sputi e sputacchi. Quel giorno Cosimo era ancora a curiosare tra pentole e fornelli, ma l’Adriano non era in vena! Dai uno sputacchio e dai un altro, il cuoco incomincia a sbuffare, ad arrossire, a diventare paonazzo, sino infine a prendere una pentola, sollevarne il coperchio e balbettando gridare: "Spu…spu.. sputa quà dentro, g… g… già che ci sei, b…. b…. brutto bastardo!” . La cosa sollevò l’ilarità generale compresa quella del buon Cosimo!
In inverno, non essendo continuativamente sostenibile la presenza umana in un’ambiente ostile come quello Scais, la baracca fu chiusa in attesa della bella stagione e gli ospiti dirottati, chi verso gli uffici di San Giacomo di Teglio chi verso altre attività. Gli imprevisti erano però in agguato: quell’inverno le precipitazioni nevose furono abbondanti e, la bella baracca fu schiacciata dalla neve come una noce sotto una pietra. Grazie a “mamma Agip”, nella tarda primavera del 1977, la baracca fu smontata e sostituita con una nuova e tutto l’arredamento rifatto; Luigino e Cosimo vi diedero un rimarchevole contributo e, fu anche rinnovato il contratto all’ A.L.M.A.
Il buon Caprini tornò a prepararci i suoi piatti, mentre noi, dell’ Eni, in quell’anno assolutamente ricco di novità, riprendevamo gli studi geologici e minerari. Era inoltre previsto l’arrivo della pista carrabile sino il lago di Scais, e da lì dentro la Val Vedello, fino alla località “La Foppa”. Subito dopo, sarebbero iniziati anche i tracciamenti delle prime gallerie di ricerca mineraria con l’esecuzione dei primi sondaggi verso l’alto e verso il basso, dall’interno delle gallerie.
Tutto proseguiva nel migliore dei modi ma, il buon Caprini stava per farne….. una delle sue! Verso la fine dell’estate sostituì nella cucina di Scais la bombola del gas che si era esaurita. Montò sulla nuova il riduttore di pressione, uno di quelli che invece di avvitarsi si aggancia con lo scatto di alcune molle, e poi, pensò bene, dopo aver aperto la valvola della bombola, di verificarne la tenuta con la fiamma del suo accendino.
Disgraziatamente le molle non erano ben fissate nell’apposito alloggiamento ed una gran fiammata accompagnò il distacco del riduttore dalla bombola. Un piccolo geyser di fuoco si alzò verso l’alto e, il nostro eroe, invece di tentare di fermarlo, chiudendo la valvola a vite, scappò impaurito seguito a ruota dal suo aiutante.
Il fuoco si propagò gradualmente ai rivestimenti interni della baracca ed alle suppellettili, restando però confinato al suo interno; la struttura metallica si comportò come un forno che, internamente, tutto coceva e bruciava. Intense nuvole di fumo si alzarono verso il cielo. Al nostro rientro a Scais la baracca bruciava da un pezzo e, trovammo il Caprini sugli spalti della diga, a distanza di sicurezza, intento a guardare l’evolversi degli eventi con un binocolo. Nessuno osava avvicinarsi alla baracca per tema dell’esplosione della bombola e di altre che erano stoccate nelle vicinanze. Verso l’una una grande esplosione - come un colpo di mina - preannunciò il lancio verso il cielo azzurro di un grosso proiettile; era la parte superiore della bombola, che letteralmente spezzata in due dall’esplosione era stata sparata a centinaia di metri d’altezza per poi ricadere nel lago.
Dato il non facile accesso al luogo, i vigili del fuoco arrivarono poco dopo, spegnendo quello che ormai si stava autoestinguendo, mettendo in sicurezza la zona e raffreddando con getti d’acqua le altre bombole stoccate all’esterno e che, miracolosamente, non erano esplose. Ricordo di essere entrato nella nostra povera baracca Morteo (un nome, un programma!?), nulla si era salvato! Tutto era ridotto in cenere! Le lamiere esterne si erano cotte e contorte; le oliere di vetro, poste sui tavoli oramai carbonizzati, erano a terra, liquefatte sul metallo che le conteneva!
Il danno economico fu grandissimo, come pure la voglia, da parte mia, di dare “un calcio nel sedere” al Caprini, il quale comunque dovette rientrare definitivamente a Genova, perché l’Eni, giustamente, non volle ricostruire una terza baracca, rescindendo il contratto alla società appaltatrice.
Da allora, tutto il personale Agip dovette accontentarsi della ben più spartana cucina preparata dalla Cariboni nel cantiere logistico costruito a supporto della ricerca mineraria in Val Vedello.
Novembre 2007 Pessina Camillo M. (geologo)