Uranio sulle Orobie - La storia dell’uranio di val Vedello e dintorni

di Camillo Mario Pessina

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La guida alpina Cosimo Zappelli

 

La guida alpina Cosimo Zappelli

 

Nuova tragedia sul Bianco.  Precipitano 4 alpinisti. In difficoltà, avevano chiesto aiuto. Trovati morti a valle. Corriere delle Sera. Lunedì 19 gennaio 2009

“Rischi e improvvisazione” - Così quelle pareti sono diventate  un parco dei divertimenti. Corriere delle Sera. Lunedì 19 gennaio 2009

“… io parto dal presupposto che ogni persona  impegnata sulla montagna  a qualsiasi livello, debba essere ben preparata, consapevole delle sue azioni tenendo conto di tutti quei fenomeni che la natura ci pone di fronte”- Zappelli Cosimo (2).

 

 

Premessa

Ho pensato con queste poche righe di ricordare la Guida alpina Cosimo Zappelli, compagno di tante ore passate insieme sulle Orobie valtellinesi. L’ho già fatto nelle precedenti puntate. Lo farò ancora ricordando la sua bravura come professionista, la sua umanità e modestia. Lo farò anche riproponendo la storia - del resto ben nota - della sua carriera alpinistica. Il tutto affinché i lettori di una trimestrale titolato ad una montagna come “All’ombra del Rodes” possano trovare nell’articolo - oltre che  informazione - anche  motivi  di meditazione.

Colgo qui l’occasione per ringraziare il figlio di Cosimo, Marco Zappelli per l’intervista concessami a Courmayeur nel febbraio 2008; intervista che mi ha permesso di portare alcuni elementi inediti alla storia che mi accingo a raccontare.


L’alpinista venuto dal mare

Cosimo Zappelli nasce a Viareggio il 23 Feb­braio 1934.

Soleva dire (1) “io non vengo da una famiglia di montanari. Sono nato in riva al mare, nel rione della darsena di Viareggio, patria di calafati, di marinai, di “capitani della vela”, e ho trascorso tutta la mia prima giovinezza tra fra barche e naviganti”.Cosimo incominciò ad andare sui monti in giovane età perché (1)“…sentivo il bisogno, di un qualche cosa che nella vita della città non riuscivo più a ritrovare” aggiungendo ”….Chi mai avrebbe pensato, che sarei diventato una “guida alpina” del monte Bianco?”. La passione vera per la montagna venne pian piano frequentando le Apuane, la domenica o nel tempo libero dalla sua professione d'infermiere con un gruppo di amici viareggini. Delle tante salite di Cosimo sulle Apuane vorrei ricordare quella del suo culmine, il monte Pisanino di quasi 2000 metri, dove, sulla parete nord, ha aperto la via più breve e oggi a lui intitolata.Poco più che ventenne Cosimo si trasferì a Courmayeur come infermiere, per essere vicino alla montagna vera. Dal 1961, vi risiedeva con la moglie (“…la mia dolcissima Wanda”) e due figli, esercitando la professio­ne di guida alpina, guida sciatore e maestro di sci.

Cosimo pur amando la sua terra Natale era per vari motivi molto legato alla val d’Aosta e al monte Bianco e ripeteva che una volta morto l’amatissimo padre, non vi sarebbe più tornato. Ironia della sorte, il padre muore invece molto dopo di lui, nel 2003. E’ sul Monte Bianco, in coppia con Walter Bonatti che ebbero inizio le sue imprese più importanti come la diretta dalla parete sud al Monte Bianco e al Grand Pilier d’Angle. Fece scalpore la prima salita invernale della via Cassin sulla parete nord delle Grandes Jorasses. Walter Bonatti e Cosimo Zappelli riuscirono a compierla in pieno inverno con un’esperienza pari a una grande traversata polare. Cosimo ha scalato diverse montagne in altri continenti che ricorderò più avanti. Ha lavorato come guida alpina sui monti Zagros in Iran quando l’Eni, ai tempi dello scià di Persia, vi faceva le prime ricerche petrolifere. Sempre per l’Eni - questa volta per le attività uranifere - ha lavorato, come guida alpina nel periodo che va dal 1976 al 1985 sulle Orobie valtellinesi, oggetto di approfonditi studi geologici. Finita l’“epopea” uranifera italiana per le note vicende occorse dopo il 1985, Cosimo riprende le consuete attività in Val d’Aosta.  Cosimo era un uomo dai molteplici interessi; era membro del G.H.M. (gruppo francese di alta montagna), faceva parte del Comitato Tecnico del C.N.S.A. del C.A.I. e del Comitato Tecnico del Soccorso Alpino valdostano.

Oltre che fotografo era anche un proficuo scrittore di libri di montagna pubblicando diversi volumi e guide con Case editrici italiane ed estere. Faceva parte del Gruppo Italiano Scrittori di Montagna (G.I.S.M.) dal 1978. Nella seconda metà degli anni ottanta subisce un intervento al cuore, che lo vede dopo la riabilitazione e l’esercizio, irriducibile, scalare ancora una volta il Cervino e riprendere la professione di guida.

”Miracolato” tante volte dalla montagna Cosimo purtroppo muore insieme a un suo cliente ligure nel settembre 1990 sul Pic Gamba - una delle tante cime che costituiscono il massiccio del monte Bianco - una cima che aveva scalato più di una volta. Un improvviso distacco di sassi e ghiacci provenienti da una parete più in alto li coglie di sorpresa non lasciando loro scampo. I familiari allarmati dal mancato rientro iniziarono il giorno dopo le ricerche con altri gruppi di soccorso alpino. Lo trovarono morto, l’elmetto integro, come il resto risparmiato, ma la scarica fu così potente da insaccargli le gambe all’interno del corpo. Il suo cliente invece era terribilmente sfigurato. Tutto questo nonostante l’esperienza maturata con tante salite, un’esperienza costruita con fatiche inumane e rischi immani, un’esperienza segnata dalla perdita di cari amici e conoscenti e fortificata da tanti recuperi di sfortunati. Nonostante le sue attente analisi degli incidenti in montagna, come diceva, frequentemente causati da madornali errori umani, dalla sottovalutazione delle difficoltà e dalle circostanze sfavorevoli, anche lui infine, ha perso la vita per l’imponderabile e l’imprevedibile che la montagna riserva ai propri cultori.

Cosimo riposa insieme con altre guide alpine nel piccolo cimitero valdostano di Courmayeur; la tomba ai piedi di un grande monolito di granito bianco. Riposa vicino alla figlia Chiara, di un anno, deceduta nel 1971, la cui lapide riporta: “L’amore è più forte della morte e della paura della morte”.

Viareggio lo ricorda dedicandogli nel 2004 una piazza. La sezione “M. Bacci” del CAI di Viareggio gli ha titolato  una scuola permanente di alpinismo.

Ti abbraccio, Cosimo!

 

Cosimo, la Valtellina e le Orobie

Cosimo Zappelli non era nuovo alla Valtellina e alle sue montagne. A ventitré anni - di cui sette di esperienza alpinistica maturata sulle Apuane - con un amico viareggino decide di affrontare alcune delle più importanti cime del gruppo del Bernina, il Piz Roseg (3936 m.) ed il Bernina stesso(4052 m.).

Partendo dal rifugio Marinelli giungeranno con grande fatica e rischi sulla vetta del Piz Roseg restando bloccati in discesa sul ghiacciaio della Tschierva per il sopraggiungere la notte. Saranno tratti in salvo da alcuni alpinisti e dal custode del rifugio Tschierva grazie alle loro invocazioni di aiuto. Qualche giorno dopo però, per nulla intimoriti da questa esperienza, arrivarono sulla cima del Bernina attraverso la cresta del Biancograt. Il “primo quattromila” di Cosimo Zappelli(1).

A partire dal 1976 Cosimo fu, per diversi anni dunque, guida del personale Agip sulle Orobie valtellinesi. Come già ebbi scrivere sulle precedenti puntate, Luigino Henry - prima che scomparisse sull’Hannapurna III nell’ottobre 1977-, fu la guida del mio gruppo, costituito da geologo e prospettore, quello di val Vedello e val d’Ambria, mentre il secondo, quello impegnato nell’alta valle di  Caronno era guidato da Cosimo. Successivamente e fino alla fine delle ricerche minerarie e delle controverifiche geologiche fu sempre Cosimo ad accompagnarmi.

Cosimo così scrive delle Orobie valtellinesi (2) “un’intera estate (1977- N.d.A.) l’abbiamo passata insieme (a Luigino Henry- N.d.A.) su  e giù per le desolate e rotte montagne Orobiche, accompagnando come guide alcuni geologi impegnati al rilevamento geo-minerario di quelle aspre zone …”.

Quando iniziai a lavorare con Cosimo, ebbi con lui un piccolo screzio, perché tale era la sua preoccupazione per la mia sicurezza che, sui macereti o lungo i normali sentieri, mi teneva in sicura con una corda. La cosa mi faceva sentire ridicolo e un po’ “ciuco” tenuto alla briglia.

Cosimo da persona adattabile qual era, di fronte alle mie rimostranze si decise di rinunciare al cordino - ovviamente con l’esclusione di pareti o di pericoli evidenti - non so, oggi ripensandoci, con quali timori e pensieri. Nel suo spirito di adattabilità si prestava a far l’infermiere diplomato in cantiere e in quei di Scais. Nei momenti di difficile accesso ai monti per neve o pioggia si rendeva utile, insieme Luigino, nel far diversi lavoretti, quali per esempio smontare la baracca Morteo schiacciata dalla neve nell’inverno 1976.

Avendo ovviamente famiglia e interessi in val d’Aosta vi tornava ogni fine settimana affrontando in auto i perigliosi rientri con pioggia, neve o sole, con un lungo e stancante viaggio, se si pensa che a quei tempi non esisteva la superstrada lungo il lago di Como. Per il ritorno in Valtellina partiva da La Saxe le due di notte del lunedì successivo per arrivare verso le otto del mattino a Piateda.

Cosimo mi ha sempre donato con grande generosità alcuni suoi libri - mai io avrei osato farne richiesta - sui quali  immancabilmente scriveva una dedica. Sul volume “Per un sogno di conquista” me ne scrisse una riferita allo scomparso Luigino Henry.

Ricordo il suo frugale desinare in montagna frequentemente costituito da un pezzo di pane con formaggio seguito da una mela. Non che noi “agipponi” pranzassimo con caviale; anche noi si mangiava l’eterno panino con salumi e formaggio, talvolta con una bibita, talvolta con acqua di torrente. Pensando all’incredibile passione di Cosimo per la montagna mi sovviene oggi pensare di non capire troppo il professionismo di montagna. Seppur vero che la montagna ha esercitato su di me un certo fascino per le sue innegabili bellezze naturali e per i suoi nascosti tesori geologici, in fondo in fondo mi ha sempre inquietato quel suo incombere minaccioso, i suoi tanti pericoli onnipresenti, l’avermi costretto talvolta a spropositate fatiche.

Mi sono scoperto così, infine - uomo nato ai piedi delle montagne - un ammiratore del mare, del suo dolce clima, degli aromi intensi che riempiono le sue rive, del suadente sciabordio delle onde intervallato all’acuto grido dei gabbiani e … delle fritture miste.

Non me ne vogliano i lettori di “All’ombra del Rodes”.

 

 

Dalmine (Bg) – febbraio 2009 Pessina Camillo M. (geologo)

 

Riferimenti

(1)  - COSIMO ZAPPELLI (1976). Guida non è solo un mestiere. Incontri con le genti e le montagne del mondo. Tamari Editori, Bologna.

(2)  - COSIMO ZAPPELLI (1984). Per un sogno di conquista. Le tragedie e i metodi di sopravvivenza inmontagna. - Collana “Le Montagne”. Edizioni A.G.L. Editrice Lecco.